di Arianna Beretta
Essenza ed esistenza, immaginario e reale,
visibile ed invisibile: la pittura confonde tutte le nostre categorie,
dispiegando il suo universo onirico di essenze carnali,
di rassomiglianze efficaci, di significazioni mute.
Maurice Merleau-Ponty, L’Occhio e lo spirito, 1960
La pittura di Agnese Skujina confonde e mette in discussione le certezze relative alla percezione e al riconoscimento delle forme. L’anno scorso, per una collettiva a Circoloquadro, Agnese presentò due paesaggi su carta. Fu curioso vedere come per alcune persone fosse immediatamente riconoscibile un ambiente naturale, mentre per altri fosse necessaria una piccola indicazione, il suggerimento di allontanarsi dal quadro e guardare da una prospettiva più ampia. È una pittura della possibilità. Dove, come sostiene Merleau-Ponty, “essenza ed esistenza, immaginario e reale, visibile e invisibile” si compenetrano a creare una realtà possibile, data da elementi fisici reali e dalla intima reinterpretazione di Agnese.
I suoi paesaggi nascono dalla visione e dal ricordo di singoli elementi naturali – uno stelo d’erba, uno specchio d’acqua, una fronda verde – che trovano poi sintesi sulle carte. Sono paesaggi possibili e reali al tempo stesso. E sono anche paesaggi riconoscibili, perché ognuno di noi ha il ricordo di quell’albero, di quel fiore o di quella piccola isola in mezzo a un lago. La sua pittura procede per astrazione e accumulazione fino a rendere reale ciò che è possibile.
Quando vidi per la prima volta i lavori di Agnese, non mi soffermai in particolare sui soggetti. Quello che mi colpì fu l’armonia dei trapassi di forme e colori. Pensai alla corteccia delle betulle, all’aria tersa e alla natura limpida dei paesi del Nord. Nei lavori presentati per questa mostra, permane forte quella sensazione. Dalle carte emana una magia silente che attira i nostri occhi all’interno del paesaggio e che avvolge i nostri sensi. L’acqua, così presente, gli steli d’erba o i canneti piegati dal vento o ancora le dune sabbiose, da cui spuntano steli irti, sono una dichiarazione d’amore per una natura che non è del tutto perduta perché esiste in un luogo possibile. Il panteismo dell’antica religione baltica, dove anche il Lago (Ežerìnis) e il Bosco (Giráitis) sono divinità, impregna le carte di Agnese: sentiamo la presenza magica e perturbante di queste entità e ne sentiamo la mancanza in una sorta di nostalgia antica.
La sensazione di magia, di possibilità, è data, nei Luoghi di Agnese, da una sospensione delle nostre categorie di pensiero: non esiste un sopra e un sotto, un fuori e un dentro, né acqua e fuoco, né cielo e terra. Ogni singolo elemento della Natura scivola l’uno nell’altro, si unisce con dolcezza, si compenetra con equilibrio. Pare un universo magmatico, una vita sommersa dove diverse entità coesistono in perfetta armonia. È un movimento musicale sottile tra naturale e irreale dove la vita pulsa, silenziosa. I Luoghi di Agnese sono un inno alla Natura, amata, desiderata, vissuta e mai dimenticata.
Questo universo liquido, nel suo fluire continuo da una forma all’altra, ricorda, in alcuni brani, grandi pittori del Nord Europa che però Agnese reinterpreta con una cifra stilistica e contenutistica assolutamente personale. Il primo Mondrian, Munch – che Agnese riconosce come uno dei suoi maestri -, Spillaert vengono riletti e meditati. La sua pittura si muove infatti, come avviene per il processo creativo, per astrazione e accumulazione: parte da un punto di vista ravvicinato e da una piccola porzione, o da una goccia, di colore da cui poi nasce, cresce e si espande, quasi per volontà propria e indipendente, la Natura e il paesaggio. I colori, a volte antinaturalistici, sono indipendenti dalla volontà dell’artista che li utilizza in modo emotivo e personale, come se la chiamassero. È interessante una dichiarazione di Agnese: “Forse perché so che con la natura non puoi sbagliare perché là esistono tutti i colori e tutte le forme.” Nonostante ciò, è evidente come la tavolozza sia allo stesso tempo controllata in un processo che coinvolge in uguale misura razionale e irrazionale. Reale e possibile, appunto.
L’uso particolare del colore, dell’acrilico, sulla carta contribuisce a rendere la sensazione del pulsare della vita e della Natura. Impregnate di colore e di acqua, le carte di Agnese “si muovono ed escono” nello spazio. La carta si ritira, si rapprende intorno a una macchia di colore e la Natura sembra respirare. Se ci avviciniamo la sentiremo. Sentiremo il soffio lieve dell’aria, silenzioso e gentile. Sentiremo la realtà e la possibilità di questi Luoghi nell’umidità del loro respiro.
Tava zeme paliks,
tavas saknes tavā zemē.
(La tua terra sopravvive,
e le tue radici nella tua terra.)
Vizma Belševica
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